CARMELA
Controllami, oh Carmela!
Legami ai vasi in fiore
dipingimi sulla tela
donami il sorriso con un colore.
Dichiara questa sera
dimmi che m'ami, oh Carmela.
Sia fatta la mia volontà
come nel letto così sul petto,
dammi Dio la sua castità.
Perdona il mio sguardo,
Oh Carmela!
Mela che ti abbrevio mordendo
che ti divido colpendo
lo stomaco dopo mangiato.
Mela che diventa Carmela
quando pulisco il palato.
Rossetto, mi bacia appena
con la guancia tocco la schiena
piegata dalla lacrima nera
piegata dalla veste da sera
sfuma l'odore di Carmela.
Carmela, l'albero è di cera
il capello liscio e lungo
rosso come il cuor di cera
come la pancia che mordo
come un ricordo di cera.
Vera, la sua carnosa mano
che penso come un fiore,
che dipingo sulla tela.
Dono alla lacrima un colore.
Dichiaro questa notte
che ancora t'amo, oh Carmela!
Mela, che ti distruggo mordendo
che ti squarcio colpendo
il fegato dopo mangiato.
Mela che diventa Carmela
quando amaro è il palato.
Rossetto, macchia il pianto
con i denti intono un canto
“piegato dalla lacrima nera;
piegato dalla veste da sera”.
Ritorna l'odor, oh Carmela!
Sia fatta la sua volontà
come nel letto così sul petto,
dammi Dio la sua castità.
Perdona il mio sguardo,
Oh Carmela!
Carmela, l'albero è d'autunno
i rami lisci e lunghi
rossi come il cuor di cera.
Come la pancia che accarezzo
come il ricordo che spezzo.
LAURA
Avanti, mia Laura!
Sotto il salice piangente
noi due:
una maschera
che suda,
che dura.
Ed il tronco non regge
né il busto
né il cardellino,
mia Laura.
Sotto il salice piangente
io e te:
un carnevale di sapori,
che dura
all’ombra
di una foglia ricurva,
in basso,
ci tocca i capelli
morbidi
ed umidi.
In cuor tuo mia Laura
lo sento,
lo faccio,
pianto un salice piangente.
Finché posa
dove si regge un picchio
che allarga
il buco e la radice
e poi tocca.
Così Laura
noi siamo:
due maschere
un carnevale di feste
all’ombra
di un salice piangente
che suda,
che dura
dove si regge la foglia
seghettata;
finché regge
il merlo
che ripete ad alta voce
“Avanti, mia Laura!”
E la cinciallegra
in alto
tra i capelli ricurva
aspetta
l’autunno
e la foglia si fa gialla.
Laura
tu sotto il salice piangente
sola
come la primavera attendi
una festa,
un seme,
per questo aprile bollente
che dura,
che suda,
oh, Laura!
FATIMA
Fatti scoprire
almeno il velo oro.
Torturami la vita ancora
in difesa di promesse mani;
matrimonio di voce innamorata.
Araba nel culto oscuro a te.
Inshallah! Inshallah!
Fatti scoprire
almeno le dune d’oro.
La coperta
non coprirà il deserto.
Un miraggio di cascate
sarà come me la sabbia
nei tuoi occhi neri trasparenti.
Appoggia la tua mano
promessa,
sposala nell’harem
promessa,
non svelerò il volto
ma stringi,
avvicina il capo,
araba nel rito cogli
il dattero sotto la palma.
Inshallah! Inshallah!
Fatti leccare
almeno gli ornamenti.
Tocca con la danza
il ventre e la bocca,
mordi i sentimenti
ancora,
ancora,
ancora!
Silenzio!
Ansima in voce velata
sistema il trucco dei tuoi occhi
e pulisci dalle cosce
il mio bacio che saliva
dritto sulla duna del deserto.
E fai ancora, senza ridere,
quello sguardo malizioso
e guarderò il miraggio
di un risveglio fertile
nella mezzaluna alle tue spalle.
Grida che il mondo ascolta
Inshallah,
il tuo godimento tiepido
e prendilo
come fosse il tuo coraggio.
Appoggialo
dove l’Oriente
non ha bagnato mai.